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Il 14 novembre 2014 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce che il giovanissimo Silvio Dissegna ha esercitato le virtù in grado eroico e pertanto, accanto alla denominazione di Servo di Dio che accompagna il suo none fin dall’inizio della Causa di Beatificazione, si aggiunge quella di Venerabile.

Detto così, il tutto, fa molto effetto per ricchezza di termini, ma dice poco per la comprensione della sostanza. Alla fine ci si può chiedere: cosa è cambiato nel cammino di Silvio verso il riconoscimento ufficiale della sua santità da parte della Chiesa?

Possiamo dire che sia avvenuto il primo importante passo in questo cammino che è giunto ad una svolta fondamentale. Il Collegio dei teologi della Congregazione delle Cause dei santi e la Congregazione ordinaria dei Cardinali e Vescovi membri della medesima Congregazione, dopo aver studiato la figura di Silvio, quello che i testimoni del Processo diocesano avevano detto di lui, ciò che egli stesso diceva, la fama di santità che lo ha circondato dopo la morte, le grazie attribuite alla sua intercessione e il valore del suo esempio, hanno dichiarato che ha vissuto il Vangelo fedelmente, ogni giorno con coerenza ed amore.

Può sorgere spontanea una domanda: è possibile parlare di eroicità di virtù in un preadolescente? La risposta è senz’altro affermativa: lo hanno ammesso in modo autorevole gli ultimi Papi, il Concilio Vaticano II ed uomini della scienza medico-psicologica; inoltre, c’è la prassi consolidata della Chiesa, che con gli organismi a ciò deputati, ha trattato le cause dei bambini di Fatima Francesco Marto (11 anni) e Giacinta Marto (10 anni), Domenico Savio (15 anni), Anna de Guigné (11 anni), Antonietta Meo (7 anni) ed Orsola Bussone (16 anni). Oggi infatti è comunemente accettato il principio, già ammesso del resto come regola generale da Benedetto XIV, e cioè che non è tanto il numero degli anni in cui un soggetto ha potuto dare prove di eroicità di virtù, ma l’intensità che ha dimostrato, anche solo in un lasso di tempo piuttosto ristretto, nella pratica di tutte le virtù cristiane. Questo è anche il caso di Silvio che in solo dodici anni di vita attuò questo cammino verso la santità. Non ne era certo consapevole, per lui l’importante era assomigliare al suo grande amico Gesù. Il giorno della prima Comunione infatti aveva chiesto a Gesù questo regalo: assomigliargli ogni giorno di più. Questo è il segreto della sua santità.

Era un bambino come tutti: amava giocare al pallone con gli amici e gli piaceva andare a scuola per apprendere cose nuove; aveva un suo progetto per l’avvenire: diventare insegnante per trasmettere ad altri la bellezza dell’apprendere e del sapere. Ma al di sopra di tutto c’era Gesù.

Per questo dimostrava una maturità singolare che lo portava ad impegnarsi nel quotidiano della sua vita di ragazzo: vivere bene in famiglia con i genitori e il fratello, cercare di essere gentile con loro, offrendo anche i piccoli servizi ed aiuti proporzionati alla sua età. Amare la sua vita di ogni giorno: andare a scuola, incontrare gli insegnanti e i compagni. La sua religiosità è spontanea, gioiosa, aperta alla gratitudine e alla lode e si esprime nella partecipazione alla Messa nella sua parrocchia, nella frequenza al catechismo. Niente di speciale e di complicato. Gesù, l’Amico, era sempre al primo posto e quanto gli chiese di condividere con Lui il mistero della Croce, Silvio gli disse di sì. Con la immediatezza e la generosità dei giovani, accettò e visse in piena consapevolezza questa condivisione per la salvezza delle anime e per la Chiesa.

Quando si ammalò, e durante la malattia, desiderava guarire, non nascondeva la sofferenza, non la cercava, e accettava di farsi curare. Viveva giorno per giorno, quello che Gesù gli chiedeva e si abbandonava a lui. Nella Comunione quotidiana, nella recita assidua del Rosario, nella lettura spirituale, nell’ascolto della voce di Gesù che gli parlava nel cuore, Silvio cresceva nella fede e nell’amore verso Dio, fino a comprendere che Gesù lo chiamava a condividere con lui la Passione e la Croce. Affrontò così la sua via del Calvario, con la coscienza che alla fine avrebbe trovato la Risurrezione.

Ogni giorno era un giorno nuovo da vivere in unione con l’Amico Gesù, nella disponibilità a tenergli compagnia, ad amarlo. Silvio era consapevole della sofferenza e del limite che questa ogni giorno di più andava imponendo alla sua vita, e, certamente, avrebbe voluto guarire, tornare ad essere un ragazzo vivace e sano. Ma al di sopra di tutto, c’era in lui la consapevolezza che quello, in quel momento, era il suo posto, la sua "missione", il suo vivere l’amicizia con Gesù.

Silvio era giovanissimo; non ebbe il tempo di fare grandi cose nella sua vita, nemmeno di chiedersi quale sarebbe stato il suo domani, quale vocazione seguire. Eppure la Chiesa gli riconosce la venerabilità, ossia l’esercizio eroico delle virtù. Silvio ha semplicemente amato Gesù sopra ogni cosa e in questo amore ha trovato una risposta a tutto, anche alla malattia e alla sofferenza offerta a Dio, con spirito apostolico e missionario, per la riparazione dei peccati del mondo e la salvezza dei peccatori.


Francesca Consolini, Postulatrice